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18 novembre 2009 3 18 /11 /novembre /2009 22:12

Mandiamo in onda l’inchiesta di “ REPORT” sulle Frodi Fiscali trasmessa su RAI TRE ”

 

 FRODI FISCALI PARTE PRIMA




FRODI FISCALI PARTE SECONDA

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6 novembre 2009 5 06 /11 /novembre /2009 08:10

Mafia 1-2

Nel mese di settembre 2008 RAITRE ha mandato in onda la trasmissione Blu Notte” del giornalista Lucarelli, un’inchiesta dedicata alla Mafia. Noi l’abbiamo registrata e ridotta in due video (anche se molto lunghi)  per facilitarne lo scarico ai visitatori. Sono video interessanti che delineano, con imparzialità e chiarezza gli avvenimenti relativi alla Mafia dal suo sorgere fino ad oggi. E’ gradito un Vs commento. Grazie!  

 

 Inchiesta sulla Mafia Parte prima


Blunotte inchiesta sulla Mafia  parte seconda

 


Blunotte Inchiesta sulla Mafia Parte seconda

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22 ottobre 2009 4 22 /10 /ottobre /2009 20:19

Dal Sito: www.antimafia2000, si riporta:

Riina e Mancino, messaggi e smentite di Giorgio Bongiovanni - 22 ottobre 2009
Per Brusca il terminale della trattativa era l’ex Ministro. Che non ci sta e si difende.


  Ancora una volta torna agli onori della cronaca la cosiddetta “trattativa”.
Come prevedibile, data la delicatezza dell’argomento e soprattutto delle implicazioni che potrebbe avere non solo a livello giudiziario, si è infiammata la polemica. Sia per le rivelazioni tardive di alcuni protagonisti della scena politica di quell’epoca sia per le molte valutazioni a posteriori. Tra le tante anche quella del procuratore Grasso che ha ribadito con chiarezza e  tranquillità che una trattativa, nel periodo delle stragi,  tra la mafia e pezzi delle istituzioni ebbe effettivamente luogo. Assolutamente niente di nuovo, il magistrato non ha aggiunto nulla di più di quanto non fosse già agli atti. Infatti nella gran bagarre di questi giorni si tende a scordare che l’esistenza della trattativa è stata sancita in più sedi giudiziarie e anzi la Corte firmataria della sentenza di I° grado per le bombe del ’93, presieduta dal giudice Gaetano Tomaselli, non solo dava per certo il dialogo tra Cosa Nostra e gli uomini del Ros ma giudicava con grande severità la strategia adottata dai carabinieri in quel frangente così critico:
“Sotto questi aspetti vanno detto senz’altro alcune parole non equivoche:l’iniziativa del ROS (perché di questo organismo si parla, posto che vide coinvolto un capitano, il vicecomandante e lo stesso comandante del Reparto) aveva tutte le caratteristiche per apparire come una“trattativa”; l’effetto che ebbe sui capi mafiosi fu quello di convincerli, definitivamente, che la strage era idonea a portare vantaggi all’organizzazione”.
Il primo a testimoniare in questo senso è stato Giovanni Brusca. Ai magistrati ha raccontato di un Riina entusiasta che dopo l’omicidio Falcone aveva annunciato: “Si sono fatti sotto… gli ho fatto un papello tanto”, alludendo ad una serie di richieste che tramite Vito Ciancimino aveva fatto pervenire ad interlocutori istituzionali. E alle rimostranze di preoccupazione avanzate da Brusca aveva persino aggiunto “… stai tranquillo è tutto sotto controllo, mi hanno messo dietro anche i servizi segreti…”.
Oggi queste dichiarazioni hanno preso nuovi e più inquietanti contorni. Su l’Espresso Lirio Abbate ha pubblicato un verbale ancora secretato in cui Brusca, parlando con il pm Gabriele Chelazzi (deceduto per infarto nel 2003), rivela chi era il terminale della trattativa.
“Si sono fatti sotto… ho avuto un messaggio. Viene da Mancino”.
Il nome del vice presidente del Csm, allora Ministro degli Interni, era emerso più volte nel corso degli anni, ma il diretto interessato, fino a ieri pomeriggio, ha fermamente negato di essere venuto a conoscenza delle richieste di Riina e tanto meno del “papello”.
Tuttavia Brusca non è più il solo a chiamare in causa il politico perché le sue dichiarazioni fanno il paio con quelle di Massimo Ciancimino, testimone e attore diretto di quelle fasi di dialogo. Secondo il figlio del vecchio don Vito, suo padre non avrebbe mai accettato di trattare solo con De Donno e nemmeno con Mori, che sapeva godere di pochissimo credito all’interno della magistratura. Per questo pretese, anche attraverso i suoi canali nei servizi segreti, che fossero informati referenti istituzionali e fece il nome di Mancino prima e di Violante poi. Sarà un caso, ma anche Brusca sottolinea che nemmeno Riina avrebbe acconsentito a qualsiasi tipo di colloquio se non avesse avuto rassicurazioni di altro livello.
E’ da stabilire – dice ancora Brusca in quel verbale – è se a Riina fosse stata detta o meno la verità. “Se le cose stanno così – spiega – nessun problema per Ciancimino; se invece Ciancimino ha fatto qualche millanteria, ovvero ha ‘bluffato’ con Riina e questi se ne è reso conto, l’ex sindaco allora si è messo in una situazione di grave pericolo che può estendersi anche ai suoi familiari e che può durare a tempo indeterminato”. Circostanza però che il pentito ritiene molto improbabile.
In quel periodo Brusca poi era venuto a sapere che Mancino stava adottando misure di sicurezza straordinarie attorno alla sua casa. “Perché mai si sta blindando, che motivo ha?”
“Non hai nulla da temere perché hai stabilito con noi un accordo –deduce-.O se hai da temere ti spaventi perché hai tradito, hai bluffato o hai fatto qualche altra cosa”.
Agli inizi di gennaio del 1993 Riina però gli era apparso piuttosto nervoso, temeva di essere catturato. Come in effetti fu.
Forse solo adesso alla luce di questi nuovi elementi si può capire pienamente quelle dichiarazioni spontanee rese dal capo di Cosa Nostra dopo più di dieci anni di detenzione silenziosa quando, nel corso del processo per le bombe in continente, chiedeva come mai Mancino sapeva del suo imminente arresto. E ancora più direttamente esclamava: sono stato venduto?
Il mio messaggio a Riina – ha replicato in serata l’ex ministro – è stato proprio quello del suo arresto più volte sollecitato pubblicamente alle forze dell’ordine.
A noi pare intanto di capire, invece, che la verità non sia così semplice ed in parte ancora tutta da scoprire.

 

NOSTRO COMMENTO: Prima o poi la verità verrà fuori.

 

 

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12 ottobre 2009 1 12 /10 /ottobre /2009 06:01

Dal sito:voglio scendere.ilcannocchiale.it, si riporta:

Stragi, il ricatto bipartisan dei boss di Peter Gomez

 Ci sono dentro tutti. Gli uomini di Governo e di opposizione: quelli che tra il 1992 e il 1993, mentre per strada scoppiavano le bombe di mafia, erano al corrente della trattativa intavolata tra Cosa Nostra, i servizi servizi segreti e i carabinieri. E ci sono dentro anche i leader di oggi: il premier Silvio Berlusconi e il suo braccio destro Marcello Dell'Utri che, tra il '93 e il '94, proprio nei giorni in cui stava nascendo Forza Italia, furono informati, secondo il pentito Giovanni Brusca, di tutti i retroscena delle stragi.

A Berlusconi - ha più volte spiegato Brusca in aula e in una serie d'interrogatori davanti ai pm - la mafia fece arrivare, dopo i primi articoli di giornale che parlavano dei suoi legami con il boss Vittorio Mangano, un messaggio preciso: non ti preoccupare se adesso scrivono di te, intanto i tuoi avversari politici non possono far finta di cadere dalle nuvole, non ti possono tenere sotto schiaffo, perché ci sono di mezzo anche loro; dacci invece una mano per risolvere i nostri problemi altrimenti noi continuiamo con le bombe e finiremo per renderti la vita impossibile.  

All'indomani della puntata di “
Annozero” in cui l'ex Guardasigilli, Claudio Martelli, ha svelato di essersi opposto al dialogo tra Stato e Antistato e di aver fatto arrivare la notizia della trattativa in corso a Paolo Borsellino (che si mise di traverso e forse anche per questo fu ucciso), la storia oscura di quei giorni insanguinati assomiglia sempre più a quella di un grande ricatto. Un ricatto in cui affonda le sue radici la Seconda Repubblica. In troppi, infatti, sapevano, e in troppi hanno taciuto. La prima parte della vicenda è ormai nota. Borsellino, intorno al 23 giugno del 1992, viene avvertito da una collega del ministero dei colloqui che il colonnello Mario Mori e i capitano Giuseppe De Donno hanno avviato con l’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino. Capisce che è in corso un gioco pericoloso. In quel momento parlare con i vertici dell’organizzazione vuol dire convincere Totò Riina che le stragi pagano perché lo Stato è disposto a scendere a patti. Dice di no da subito e per questo il 25 giugno, durante un dibattito pubblico, spiega di aver ormai i giorni contati. Poi incontra Mori e De Donno. E, il primo luglio, vede il nuovo ministro degli Interni, Nicola Mancino (che continua a negare di avergli parlato) e il numero due del Sisde, Bruno Contrada.

Che cosa si dica con loro non è chiaro. Fatto sta che Riina cambia strategia. Evita di uccidere, come programmato, il leader della sinistra Dc siciliana, Lillo Mannino, (considerato un traditore) e fa invece saltare in aria il 19 luglio Borsellino e la scorta. Un attentato reso più semplice dall’assenza di controlli in via D’Amelio, la strada dove viveva sua madre. E da un’incredibile dimenticanza: Borsellino non viene informato dell’esistenza di una relazione dell’Arma che dà per imminente un’azione di Cosa Nostra contro di lui e contro l’allora pm, Antonio Di Pietro.

Se questo è il quadro (Brusca e Massimo Ciancimino, il figlio di Vito, assicurano che Cosa Nostra era al corrente di come il presunto referente governativo della trattativa fosse Mancino), diventa chiaro quanto la notizia fosse politicamente esplosiva. Anche perché pure l’ex comunista Luciano Violante, all’epoca presidente della commissione antimafia, sapeva che i carabineri parlavano con l’ex sindaco mafioso.

È a questo punto che, secondo Brusca, entrano in scena Berlusconi e Dell’Utri. Un anno dopo, intorno al 20 settembre del ‘93, Brusca legge un’articolo su L’Espresso in cui si parla del Cavaliere e di Vittorio Mangano. Riina, che non gli aveva mai parlato di questo legame con la Fininvest, è ormai in carcere. Durante la primavera e l’estate le bombe di mafia sono esplose a Roma, Firenze e Milano. Ma le stragi non sono servite per far ottenere a Cosa Nostra norme meno dure. Così Brusca pensa di utilizzare Mangano per fare arrivare al Cavaliere il suo messaggio. Ne parla con Luchino Bagarella, il cognato di Riina, che dà l’assenso. Verso metà ottobre Mangano parte in missione. A novembre, come risulta da un’agenda sequestrata a Dell’Utri, l’ideatore di Forza Italia lo incontra. Poi i colloqui, mediati secondo il pentito da degli imprenditori delle pulizie di Milano, proseguono almeno fino alle elezioni del marzo ‘94. Il futuro premier è soddisfatto Brusca ricorda: “Mangano mi disse che Berlusconi era rimasto contento”.

NOSTRO COMMENTO: Ci vorrà ancora del tempo ma la verità verrà a galla.

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12 ottobre 2009 1 12 /10 /ottobre /2009 05:56

Dal sito Antimafia2000 si riporta:

“Borsellino sapeva della trattativa. Ruotolo convocato dai magistrati di Palermo (di Anna Petrozzi - 9 ottobre 2009)
Un altro colpo di scena, un altro improvviso lampo di memoria getta un po’ di luce sul mistero delle stragi del ’92 e ’93.

 

 

 “Ieri sera ad Anno Zero è stato addirittura Claudio Martelli, Ministro di Grazia e Giustizia di quell’epoca, a fare la rivelazione delle rivelazioni: Paolo Borsellino sapeva della “Trattativa”, dell’ormai famoso dialogo tra Stato e Mafia avvenuto proprio a cavallo delle stragi.
Secondo la testimonianza dell’ex ministro, andata in onda solo in forma di intervista però, il capitano De Donno si era recato dall’allora direttore degli affari penali, Liliana Ferraro, strettissima collaboratrice di Falcone, per spiegarle che Vito Ciancimino sarebbe stato disposto a passare dalla parte dello Stato a patto di avere copertura politica. La Ferraro “molto opportunamente e senza nemmeno bisogno che mi consultasse”, spiega Martelli, “gli disse di rivolgersi prima di tutto al magistrato competente, cioè Paolo Borsellino.
Questo dialogo, spiega in collegamento da Palermo Sandro Ruotolo, in questi giorni oggetto di minacce ritenute molto pericolose dalla Digos che lo sta proteggendo, sarebbe avvenuto nel trigesimo della strage di Capaci, in occasione della messa a suffragio, quindi il 23 giugno. Dopodiché, ed è questa la vera novità, Liliana Ferraro ne avrebbe parlato direttamente a Paolo Borsellino.
Tutta questa sequenza di eventi sarebbe stata confermata dall’interessata a Martelli che se ne è fatto garante, telefonicamente, presso Ruotolo.
Da qui sorgono spontanee almeno due domande: la prima, la più ovvia, è perché due “amici” di Giovanni Falcone, come sono stati sempre pubblicamente considerati, Liliana Ferraro e lo stesso Martelli decidono di parlare solo ora.
La seconda è se De Donno, che incontra Borsellino con Mori due giorni dopo la suddetta conversazione, il 25 giugno 1992, nella caserma Carini di Palermo, ne abbia parlato con il giudice così come gli disse la Ferraro.
Difficile se non impossibile pensare che Borsellino, se fosse già stato informato dei dialoghi tra Ciancimino e De Donno non gliene avrebbe chiesto conto immediatamente in quella riunione che a detta dell’allora colonnello Mori sarebbe stata super riservata. Se così fosse Mori e De Donno non solo non avrebbero mai riferito questa circostanza, ma avrebbero mentito dicendo che in quell’occasione parlarono solo di mafia e appalti.
Un elemento di indagine importantissimo quindi per i magistrati di Palermo che proprio sulla trattativa stanno lavorando da tempo. Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia intanto ha convocato d’urgenza Ruotolo per fare chiarezza e vorrà ovviamente sentire anche gli interessati. Se la Ferraro e Martelli dovessero confermare a verbale si potrebbe ampliare ulteriormente quello scenario già all’esame della Corte presieduta da Mario Fontana che sta processando il generale Mori e il colonnello Mauro Obinu per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.
Secondo l’accusa sarebbe esistito un patto tra Provenzano e alcuni referenti politici per ristabilire l’eterno equilibrio tra Cosa Nostra e Stato, interrotto definitivamente con le condanne all’ergastolo sancite dal Maxi processo e dalla caduta rovinosa della Dc e del vecchio sistema partitico con mani pulite. All’interno di questo accordo ci sarebbe stata la consegna di Riina, la mancata e mai sufficientemente spiegata perquisizione del suo covo, la mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso nel 95 e tutta una serie di eventi che hanno ristabilito con gli anni la pax tra Stato e Mafia diventata oggi la maggior “azienda” del Paese garantita e agevolata da leggi che ne reprimono principalmente la sfera militare.
Per raggiungere questo obiettivo, aveva più volte detto Provenzano ai suoi, c’era da pazientare una decina d’anni e soprattutto era stato necessario eliminare alcuni ostacoli, tra cui Paolo Borsellino e creare il necessario clima di instabilità politica e istituzionale, quindi anche le stragi del ’93. 
Certo, trovare preciso riscontro processuale a tutto questo diabolico progetto è tutt’altro che semplice ed è diventato un carico enorme sulle spalle di pochi magistrati e forze dell’ordine. Proprio tra ieri e l’altro ieri si sono svolte due udienze del dibattimento in questione in cui ha deposto il collaboratore di giustizia Antonino Giuffré, l’ultimo dei pentiti ad avere avuto stretta relazione con Provenzano dopo la cattura di Riina.
Soppesando ogni singola parola l’ex capo mandamento di Caccamo ha spiegato che la priorità per Provenzano era quella di trovare la soluzione ai loro problemi più gravi, accentuatisi con la politica irruenta e di attacco allo Stato voluta da Riina e dalla quale il Provenzano aveva cominciato a dubitare, fin dalla decisione di votare il Psi, proprio di Martelli, al posto della Dc nel ‘87.
I problemi sono quelli ormai noti dell’ergastolo e quindi della possibile revisione dei processi, i benefici carcerari anche per i mafiosi, il sequestro dei beni, la neutralizzazione dei collaboratori di giustizia contenuti anche nel famoso “papello” consegnato da Riina a interlocutori politici per il tramite di Vito Ciancimino.
Giuffré, senza una parola di troppo, riferisce semplicemente che mentre la fazione di Bagarella e Brusca continuava a mettere a ferro e fuoco il Paese con le “bombe del continente” (Firenze, Milano e Roma) Provenzano lavorava alla “sommersione”, cioè a non fare eccessivo rumore per poter ritornare ai vecchi tempi della coabitazione con lo Stato e del grande business.
Ad un certo punto tra il ‘93 e il ‘94 aveva rassicurato i suoi più intimi di avere le garanzie necessarie e che occorreva prodigarsi per sostenere la nuova forza politica: Forza Italia.
A fare da tramite per questo rinnovato accordo: Marcello Dell’Utri.
La stessa ricostruzione l’ha fornita ieri sera Massimo Ciancimino ad Anno zero ribadendo quanto già riferito ai magistrati.
Ad un certo punto – ha raccontato -  suo padre, don Vito, si era sentito scavalcato. Aveva capito di essere stato utile alla cattura di Riina e quindi alla causa della nuova trattativa che avrebbe riportato la pace tra stato e mafia, ma che ormai la sua funzione era finita.
Un po’ dispiaciuto aveva però finito con condividere la scelta di Provenzano di proseguire nei suoi negoziati con un uomo nuovo in grado di fargli da agente presso la nuova politica: Marcello Dell’Utri.
Anche le dichiarazioni di Massimo Ciancimino sono all’attento vaglio degli inquirenti che lo sentiranno presto a processo, nel frattempo però a deporre il prossimo 20 ottobre sarà invece suo fratello.
Giovanni Ciancimino, avvocato, era rimasto finora al di fuori da tutte le delicate faccende relative al padre. Tuttavia, chiamato dai magistrati, ha confermato di essere a conoscenza della trattativa e del ruolo svolto in questo passaggio dal genitore.
Assieme a lui è stato convocato anche l’onorevole Violante che, pure lui con il lieve ritardo di 17 anni, ha rammentato di essere venuto a conoscenza di questo dialogo tra il Ros e Ciancimino. Le sue dichiarazioni tardive sembrerebbero essere su alcuni punti discordanti, sarà compito delle parti a processo tentare di rimettere in ordine questo intricato periodo storico che ha segnato indelebilmente, piaccia o meno, la storia del nostro Paese.
E’ evidente che siamo in un momento politico assai delicato in cui sembra stiano per emergere pezzi di verità sempre più inquietanti che stanno facendo sperare gli italiani onesti e i tanti famigliari delle vittime. Ieri sera la trasmissione di Santoro si è aperta con una richiesta, sempre aristocratica e composta, di Agnese Borsellino, in cui la moglie del giudice chiede a chiunque sia informato di quei fatti di dire la verità perché ormai i tempi sono maturi. Poiché solo la verità potrebbe restituire dignità al nostro Paese.
Questo compito però, ed è bene che ce lo ricordiamo tutti, non può essere delegato alla sola magistratura, un’altra volta, ma deve essere condiviso. La società civile deve essere attenta, è vero, ma ora si dovrebbero sentire anche la voce degli intellettuali, degli storici, dei grandi giornalisti. Che non si nascondessero dietro le verità processuali, ce n’è abbastanza per analizzare questa fantasmagorica omertà di stato che solo oggi sembra lievemente infrangersi. E poi teoricamente ci sarebbe la politica; se ci fosse una classe dirigente onesta e coraggiosa sarebbe arrivato il momento anche per loro di una bella autocritica. E magari di una bella pulizia.

 

Intervista a Claudio Martelli - AnnoZero 8/10/09

Fonte:Spartano1985

L'intervista di AnnoZero a Claudio Martelli nella puntata del 8 Ottobre 2009 intitolata "Verità Nascoste"
Nella puntata dedicata al "Caso Ciancimino" e ai rapporti fra la mafia e la politica sono intervenuti lonorevole Antonio Di Pietro, Italia dei valori, Nicolò Ghedini,parlamentare del popolo delle Libertà, il giornalista Felice Cavallaro del Corriere della Sera e Massimo Ciancimino.

 


 

 




NOSTRO COMMENTO: Formuliamo l’ augurio che la verità prima o poi venga a galla!

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12 ottobre 2009 1 12 /10 /ottobre /2009 05:51

Blu Notte: "Tangentopoli"

Fonte:Rai

Il 7 settembre la trasmissione Blu Notte del giornalista Lucarelli trasmette un’intera puntata dedicata a Tangentopoli. Il quadro narrativo impeccabile traccia con sorprendente chiarezza la storia di quegli anni, gli intrighi, gli attentati, i suicidi e gli intrecci di un sistema economico malato e piegato ad una classe politica corrotta. In questo scorcio rivedo parte della mia vita con l’indagine di Mani Pulite. La trasmissione è durata circa 2 ore, ed invito chi non l’avesse seguita a ritagliarsi il tempo per farlo.

Tangentopoli non è mai terminata, è anzi divenuta uno stile di vita con cui gli italiani hanno imparato a convivere grazie a modelli distorti imposti dalla classe politica e celebrati da un’informazione sempre meno indipendente. Questa evoluzione del malcostume ha una sostanziale differenza oggi rispetto ad allora, negli anni ’90 la popolazione era al fianco della giustizia, oggi pochi distinguono la differenza tra etica e corruzione. Le coscienze sono assopite, distratte, alcune anche rassegnate.

Su You Tube la trasmissione è stata divisa in sei capitoli che sopra vedete riportati.
Ringrazio la Rai per aver pubblicato la trasmissione in Rete prendendo le distanze dal vergognoso comportamento di Mediaset che a luglio dichiarò di voler querelare la società statunitense, accusandola di essere la causa di una contrazione dei guadagni derivanti dalla pubblicità e per violazione del copyright. (Fonte: http://www.antoniodipietro.com)

 


 

 




NOSTRO COMMENTO: le passate esperienze di tangentopoli avrebbero dovuto servire da monito ai politici. Invece NO!

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21 settembre 2009 1 21 /09 /settembre /2009 17:01

Mafia: Un problema europeo

Fonte:http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Flash&d_op=getit&id=12022


Intervengono:

Petra Reski, autrice del libro SANTA MAFIA

DA PALERMO A DUISBURG:

SANGUE, AFFARI, POLITICA E DEVOZIONE

Dott. Vito Zincani, procuratore capo di Modena

Enza Rando, Rappresentante della Presidenza Nazionale di Libera

 

"La mafia non è un problema esclusivamente italiano. Il mio intento era rendere chiaro che la mafia non è un affare di coppole e di realtà arretrate del sud Italia, ma un problema europeo". -

Petra Reski

Visita il sito: www.nuovimondi.info

 

 



NOSTRO COMMENTO: E’ sempre interessante un dibattito sulla mafia.

 

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